Avvenire
"IL MIO ALBUM E' UN VOLO IN CERCA DI SPERANZA"
A Venezia, davanti alla stampa di tutta Europa, l'artista ha presentato "Fly" "A febbraio partirà un grande tour"
Creedence Clearwater Revival, Vanilla Fudge, U2, Mamas & Papas, Los Lobos, Procol Harum, Manu Chao, Keith Richards, sono il glossario sentimentale sfogliato da Zucchero tra i solchi del nuovo album Fly, nei negozi da venerdì. Disco suonato da un plotone di celebrità nutrito quasi quanto quello degli ispiratori occulti e non, che l'uomo di Bacco perbacco ha presentato ieri pomeriggio nell'abbacinante cornice veneziana di Palazzo Vendramin, pronto all'esame dell'hit-parade e di un mercato che da cinque anni attendeva una sua nuova raccolta d'inediti. Nei racconti di Zucchero, che per l'anagrafe di Roncocesi rimane Adelmo Fornaciari, lo splendore e il vociare del Canal Grande finiscono per stemperarsi come una dissolvenza incrociata nel frinire delle cicale della bassa padana, nei ricordi del bambino «figlio di comunisti che andava a servir messa, per poi esercitarsi sull'organo della chiesa». Ricordi virati dal tempo e da nostalgie formato Tornatore che lambiscono lo spirito rurale di un animo in bilico tra la Lunigiana e i deserti della California, tra le aie dell'Emilia e il delta del Mississippi; i punti cardinali di quello spirito apolide che Fly prova a raccontare con undici nuove canzoni. «Nel mondo c'è così poca armonia che mi sono costruito una mia nuvoletta di amore e di ottimismo che spero di portarmi dietro come quella di Fantozzi» spiega Zucchero nei saloni del piano nobile di Palazzo Vendramin.
Nel brano «Pronto» dice di aver paura «degli inglesi e degli italiani, dei musulmani e anche dei cristiani». Parole che in queste ore suonano molto dure.
«Questo brano l'ho scritto sei mesi fa. Volevo dire che, a volte, l'umanità mi fa paura, nella sua totalità, senza distinzioni di razze o religioni».
«Let it shine» è dedicata invece a New Orleans ferita dall'uragano Katrina.
«Non sono tornato in città dopo la sciagura. Però so che non c'è più la casa di Daniel Lanois né lo studio dove ho registra to Spirito DiVino, insomma l'uragano s'è portato via anche un po' del mio passato. Nonostante si sia fatto poco per risollevare quella città, nella canzone ho voluto mettere lo stesso un filo di speranza dicendo che l'amore saprà riscattarla».
La versione internazionale di questo disco conterrà pure una cover di «A Salty Dog» dei Procol Harum.
«Nella versione italiana non l'ho messa perché dopo cinque anni di silenzio volevo dare alle stampe un disco interamente mio. Ci sono al mondo due canzoni che avrei voluto scrivere io: Everybody's got to learn sometimes' dei Korgis e questo brano di Gary Brooker e compagni».
Porterà queste canzoni in tour?
«Sì, da metà febbraio. Ho in programma un tour europeo da portare al debutto all'Hallenstadion di Zurigo o all'Olympia di Parigi. Sto facendo il casting; col tastierista Luciano Luisi ci siamo lasciati dopo vent'anni ed ora devo trovarmi un nuovo direttore musicale».
Il suo disco verrà venduto anche su Internet ma pare che lei non sia entusiasta. Perché?
«La rete mi sembra una grande salumeria, dove puoi prendere un pezzo qua e l'altro là. E invece l'album ha una sua idea di base attorno a cui ruotano tutte le canzoni che lo compongono. Smembrarlo è sbagliato».
da Venezia Massimo Gatto
|