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19-09-2006 --> Return to articles
Corriere Della Sera

ZUCCHERO: INNO A BACCO, A CUBA E ALL'INFEDELTA'

Nel nuovo cd collaborazioni famose (Jovanotti, Don Was, Brian Auger). E va in tour con la giovane figlia Irene.

VENEZIA – “Sbagli un numero di telefono e quello ti insulta anche se ti scusi. Sei incerto in auto, e suonano. Ecco quelli sono tacchini”. Così Zucchero, presentando il sottotitolo di “Fly (Come possiamo volare con le aquile si siamo contornati da tacchini)”. E mentre continua a rimpiangere in “Quanti anni ho” un mondo più tranquillo e meno conflittuale, come quello narrato in Novecento di Bernardo Bertolucci, difende un verso della sua canzone “Pronto”: “C’ho paura degli americani, e degli inglesi, e degli italiani, dei musulmani e anche dei cristiani”. “Sì, è vero – spiega – in questo conflitto permanente ho paura di questi e anche di molti altri che non ho citato nella canzone”.
“Fly”, il nuovo album di Zucchero, è scorrevole, lineare e si venderà come il pane. Niente duetti, ma una scrittura totalmente personale con due contributi italiani: Jovanotti per il brano “Troppa fedeltà”, e Ivano Fossati per “E’ delicato”.
Nelle canzoni, fin dal singolo di lancio “Bacco perbacco”, convergono tutti gli elementi della visceralità lessicale e musicale di Zucchero: le parole in inglese e in spagnolo usate per la loro vocazione fonetica, la religiosità pagana fra avemarie e sensi accesi, pane, vino, cielo, tabacco di Lucky Strike, la tenerezza verso il figlio Blu (“Quanti anni ho”).
Ma accanto a questa miscellanea di elementi cesellati da una ricerca sonora che mette assieme attorno al produttore Don Was (Dylan, Stones) un cast di musicisti di epoche diverse che vanno dal vecchio e buon Brian Auger alle tastiere a Pino Palladino al basso, da Michael Landau alla chitarra, ad Amir Questlove Thompson (batterista dei Roots), c’è il requiem per alcuni scenari: abbasso San Francisco un tempo regno dell’utopia dei figli dei fiori. Evviva invece Cuba, la marijuana, le lasagne, il cielo blu, il gin tonic. Insomma una maturità incline alle debolezze terrene.
“Mi son chiesto: perché i dischi di una volta eran più belli? E così ho riesumato strumenti come il mellotron e l’Hammond chiamando personaggi come Brian Auger. Ma poiché non volevo un disco “vintage” ho voluto anche giovani leoni. Spesso però ho suonato gli strumenti da solo perché non serviva virtuosismo, ma semplice feeling”.
E c’è anche “Let it shine”, una canzone dedicata a New Orleans e alla sua tragedia. C’era uno studio che era la mia seconda casa, distrutto da Latrina. Chissà se un giorno troverò ancor tornando lì quell’umanità straordinaria”.
È un disco che ha molti lenti, che non esagera mai, ma che entra sotto la pelle. “Occhi” è romanticismo puro, intensa ballata stile anni Settanta “dedicata alla donna che ti affascina in un attimo”. “Quanti anni ho” è uno struggente capolavoro carico di nostalgia per i valori etici ed assoluti che si sono persi, dedicata espressamente al figlio Blu. Così come struggente è “E’ delicato”, inno all’amore assoluto.
“Questo disco è la mia nuvoletta d’amore nella pioggia di disarmonia che ci circonda”, dice Zucchero. Amore sì, ma anche una canzone che non piacerà alle femministe come “Troppa fedeltà”. “E’ venuto a trovarmi Jovanotti che voleva conoscere Don Was. Avevo la musica ma non mi venivano i versi. E così abbiamo assemblato un testo nel quale io, partendo dalla constatazione che non sono mai stato un tipo fedele ora ho deciso di non tentare nemmeno di darmi un contegno su questo fronte. Se tradisco, tradisco a cielo aperto. Perché non ho più l’età per fingere”.
La canzone “Cuba Libra” è nata alla vigilia della malattia di Castro. “E’ un caso. Io non ho particolare simpatie per lui, ma per Cuba e i cubani sì. È un momento in cui l’America (nel ruolo di protagonista e maestra di vita planetari) e soprattutto la California con tutti i suoi divieti di fumare, di mangiar carne, il salutismo che dilaga, mi va stretta”.
Nella versione che esce all’estero c’è anche una cover, “Salty dog”, un classico dei Procol Harum con testo completamente riscritto da Zucchero con Pasquale Panella col titolo “Nel così blu”. Ieri sera, nel concerto live nei giardini di Palazzo Vendramin, ha cantato anche Irene Fornaciari, figlia di Zucchero. “Se non fosse un vero talento non me ne sarei mai occupato. All’inizio speravo studiasse veterinari. Ha cominciato tutto da sola vincendo un provino per un musical a mia insaputa. Ora credo in lei, ma per i giovani, che le radio boicottano, è durissima. In ogni caso la porterò con me nel tour che inizia a metà febbraio come supporter e spero che Baudo la voglia a Sanremo”. Di Mario Luzzato Fegiz