La Gazzetta di Reggio
RITMI INDIAVOLATI E BLUES DOLCE, UNA MAGIA
Quasi dodicimila persone in delirio tra nuovi e vecchi successi del cantautore di Roncocesi
VERONA. Seduto su un trono, cappello e giacca di velluto marrone su pantaloni neri e la chitarra tra le braccia: sono passate da pochi minuti le 21 quando Adelmo Fornaciari, alias Zucchero, fa così la sua apparizione davanti a un pubblico di 11.500 persone – il tutto esaurito – all’Arena di Verona. Il grande sipario argenteo si solleva prima solo davanti a lui e Sugar, sovrastato dalla gigantografia della grande mosca, simbolo del suo nuovo cd “Fly” – questo il nome del tour che da maggio lo porta in giro per l’Europa e dal 27 settembre pure in America – apre il primo dei tre concerti di Verona con “Dune Mosse”, dall’album del 1987 “Blue’s”; canzone che piacque talmente tanto al grande Miles Davis che questi volle duettare con il rocker di Roncocesi. Due grandi specchi ai margini del palco fanno da megaschermi e riflettono alternativamente le immagini riprese dal vivo, spezzoni di video e foto dell’album di famiglia, come quella, un po’ ingiallita ma tanto vera, in cui stringe la mano della nonna Diamante.
LA PRIMA ALL’ARENA. Dunque una “prima” davvero speciale quella di venerdì sera, così alla scaletta di 26 canzoni se ne sono aggiunte all’ultimo momento altre due. Non si risparmia Zucchero, 53 anni tra pochi giorni (il 25 settembre), per un pubblico caldissimo che più volte il cantante ringrazia dal meraviglioso palco. Dietro di lui un grande organo, lo stesso che torna sotto i due specchi-megaschermi laterali, e un enorme gong; a sovrastare il palco due grossi lampadari a goccia, uno più piccolo al centro e i musicisti che suonano tra vecchie valige da artista e cassoni in legno; e non poteva mancare il pianoforte. Il pubblico è subito entusiasta, ma l’atmosfera si surriscalda progressivamente a partire dalla prima delle sette canzoni del nuovo album “Occhi”, per proseguire con “Quanti anni ho”, dedicata al figlio Blue di nove anni e mezzo. Ma è con “Bacco perbacco” che cominciano i cori veri, quelli da stadio, proseguono con “Pronto” e si fanno sempre più alti con “Un kilo” e “Cuba libre”, i quattro brani più “scatenati” del nuovo cd che offre uno Sugar a tratti quasi malinconico e intimista, come chiude il primo ciclo di canzoni da “Fly”. Sono poi i vecchi successi a scatenare gli applausi del pubblico dell’Arena: con “Il Volo”, tratto da “Spirito DiVino” del 1995, le mani cominciano a non bastare più e si usano pure i piedi: la platea viene scossa da terremoti di euforia.
DEDICATO A LUCIANO. Dopo le bellissime e memorabili “Diamante (da “Oro Incenso & Birra del 1989) e “Così celeste”, che dedica all’amico scomparso Pavarotti e nella quale i chitarristi Kat Dyson e Mario Schilirò, storico del gruppo, duettano mirabilmente, il ghiaccio è definitivamente rotto e l’Arena si trasforma in un’immensa pista da ballo: il colpo d’occhio sul pubblico che si alza in piedi all’unisono per saltare e cantare è davvero d’effetto. Un contributo essenziale lo danno i quattro fiati (tromba, sax tenore e contralto e trombone) rispettivamente Massimo Greco, James Thompson, Eric Daniel e Beppe Caruso. Anche Zucchero è scatenato, lasciata la chitarra, percorre il palco in lungo e in largo, a grandi passi, e si concede a braccia tese agli applausi del suo pubblico. Arrivano le note di “It’s all right” (Miserere, 1992). Sugar cerca il pianoforte, si siede, un fascio di luce illumina solo lui mentre canta “Everybody’s got to learn sometime” (ZU & COmpany, 2004). I cori dalla platea e dalla tribuna dell’Arena si innalzano con la dolcissima “E’ delicato”, dall’ultimo album: le immagini del videoclip raccontano la storia di due giovanissimi innamorati crudelmente separati.
FUORI SCALETTA. Poi arrivano, fuori scaletta, “Wonderful world”, “L’urlo”, e le famosissime “Solo una sana” e “Diavolo in me”. E ora è l’intera Arena che canta. Poi fa finta di uscire di scena Zucchero, seguito dagli immancabili richiami del pubblico. Quindi torna sul palco, questa volta in gilet, e il suo pubblico esulta, fa fatica a stare seduto pure sulle note di “Hey man”; poi si arrende all’irresistibile richiamo: migliaia di accendini si accendono mentre la luce sul palco si affievolisce. Zucchero è ancora pieno di energia: tornano i quattro fiati, occhiali neri e ritmo incalzante, e lui, il rocker innamorato del blues, canta “Madre dolcissima” e poi “Senza una donna”. Poi, il finale: tutto si spegne e Zucchero sparisce di nuovo; 11.500 paia di occhi restano incollati al palco sicuri di tornare a vederlo. Ma lui compare dalla parte opposta nel bel mezzo della tribuna, mescolato ai suoi fans: un colpo di scena che chiude due ore e mezza di concerto e manda in visibilio l’Arena: “Volevo ringraziare così questo pubblico meraviglioso”, dice, prima di intonare la dolce “You are so beautiful”.
Dal nostro inviato Miriam Figliuolo
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