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23-09-2007 --> Return to articles
La Gazzetta Del Mezzogiorno

ZUCCHERO KOLOSSAL
L’anima blues del rocker emiliano infiamma la platea

Verona. Stavolta il compito di chiudere la lunghissima estate della musica live se lo prendono Vasco e Zucchero. Se il Signor Rossi infila gli ultimi sette stadi d’Italia sold out uno dopo l’altro, posticipando al 2008 l’uscita del nuovo album, Sugar si prende la briga di centrare una tripletta mica da ridere e di annunciare succose novità a stretto giro di posta. Eccolo allora, il popolo del blues riunito a Verona: tre serate consecutive di tutto esaurito, un dvd live dell’evento e una ricchissima doppia compilation in arrivo per Natale, giusto in concomitanza con il tour nei palazzetti italiani, che lo porterà finalmente anche in Puglia, da dove manca ormai da lungo tempo, al Palasangiacomo di Conversano il 17 novembre.
Il concerto - Ricchissimo e sanguigno al punto giusto, il set è una lunga tirata di oltre due ore e mezza in una trentina di brani che hanno segnato il cammino di Zucchero. Chitarra in pugno, il nostro non ha come al solito mezze misure e predilige quel popò di fragranze stordenti che vengono dal Delta, che sia Po o Mississippi non cambia poi molto. Allora tanto blues, grasso e unto come la cucina emiliana, ma anche essenze cajun di peperoncino e cannella, dolce e salato mescolati insieme, carne arrosto e tante salsine da mangiarci su. Roba che viene dai Caraibi, salsa piuttosto che son a reggae ton, la Louisiana ma anche dal quartiere francese di New Orleans, venature jazz-funk, ma anche questa nuova passioncella per l’Europa dell’Hammond, per certo pop britannico di elegante matrice e maestosità.
Il regalo di Miles - Per cominciare, Dune mosse, il regalo prezioso, inestimabile che sua divinità Miles Davis fece al nostro ormai mille anni fa. Una ballad lenta e suadente come una preghiera, che sembra sciogliersi nel nulla assoluto quando entra quella tromba che scioglie il tempo, lo destruttura e lo riassembla quando sembra averlo perduto per sempre. Un assolo monumentale nella storia della musica pop, che qui tocca a Massimo Greco ricostruire. Ce n’è ancora per quasi una trentina di pezzi. Uomo di incontri fortunati. Sugar che si infila subito nelle atmosfere dell’ultimo album Fly: Occhi e Quanti anni ho, dolenti, languide, ma anche Bacco Perbacco, Pronto, Un Kilo, Cuba libre con quattro chitarre e il basso fuori a combattere, sulla front-line con un finalone interminabile. Nell’antro del druido Sugar - Ricca e gaudente la scenografia, con un muro di lamiere che lascia intravedere il disegno di un classico organo, ma anche grandi lampadari a goccia, mobili da antica farmacia e grandi specchi ovali con tanto di cornici rococò che si svelano schermi sui quali scorrono immagini registrate e scene del concerto, primi piani e dettagli. Sembra la caverna di un vecchio stregone. E la band è superba, un lusso che pochi artisti al mondo possono concedersi. Alle tastiere quel mostro di David Sancious, un drago vero. Al basso, e alla direzione musicale della band, Polo Jones. Alla chitarra quella statua d’ebano di Kat Dyson, Mario Schilirò dà fuoco all’altra chitarra e Adriano Molinari pesta sulla batteria, con Sara Grimaldi che prende il posto delle celebri Mamies ai cori.
Per tutti i gusti - In volo, Diamante, Così celeste col ricordo dell’amico Pavarotti, Baila, Overdose, Il mare, finchè si intravede l’approdo mistico di Everybody’s Got To Learn Sometime, stupenda, e la cover dell’indimenticabile A Salty Dog dei Procol Harum, una gemma della band di A Whiter Shade Of Pale. Si avvicina il gran finale, con l’Arena che salta impazzita. E’ delicato, Con le mani, Solo una sana e consapevole libidine, Diavolo in me, tutti in piedi per saltare e ballare e tenere il tempo. Wonderful world, Senza una donna, e per finire You’re so beautiful, cantata in mezzo al pubblico, sparendo dietro il palco per riapparire sulle gradinate al centro dell’anfiteatro romano.
Cena da Giovanni Rana - Mica una battuta. La trattoria delle Tre Corone è proprio di fronte all’Arena, in quella meraviglia dell’uomo che è piazza Bra. La ci aspetta l’inquieto di Roncocesi per fare il punto di un anno di tour e disco e per chiacchierare un po’ a ruota libera. Intanto, ancora concerti in Nord e Sud America, prima di tornare in Italia per toccare finalmente i palazzetti di tutta la Penisola. Eccola, la tappa di Conversano, come già annunciato il 17 novembre, proprio mentre arriverà nei negozi il doppio Zucchero di Natale. “Un’antologia doppia – spiega lui – 35 pezzi un due cd, con vari inediti e varie cover, almeno quattro. Con un dvd di tutti i video. Era arrivata l’ora di farne un’altra, visto che la prima risaliva ad ormai dieci anni fa. E non mi farò e non vi farò mancare niente. Questo significa che ritoccherò leggermente la scaletta, ma l’allestimento del tour di novembre sarà lo stesso che avete visto”.
Il ricordo di Big Luciano - Qualcuno gli chiede come mai, nel frastuono della morte di Pavarotti, proprio lui che era uno dei pochi a potersi definire amico di “Big L”, non abbia fatto sentire la sua voce. “Intanto, benché me l’aaspettassi da tempo, la sua assenza mi ha fatto quasi mancare la voglia di comunicare e la voce. Avrei mille cosa da ricordare, dico solo che ci siamo molto divertiti, abiamo goduto insieme della vita e della musica, ho sentito forte il peso della sua generosità di uomo e di artista. Mi mancherà tremendamente”. Quanto all’omaggio di Miserere, “ho pensato e ripensato a come farla, ma non volevo che il pubblico pensasse a qualcosa fatta a speculare. Credo che alla fine lascerò la sua voce originale che intona la canzone e ci suoneremo sopra, devo solo superare un minimo di imbarazzo”. Quanto al Pavarotti & Friends, “mi chiamava e richiamava in cerca di conferme sulla qualità degli artisti: conosci un certo Bonvi…Bivi, Bavi…mi diceva. Poi era David Bowie. Ecco Lucianone era questo mostro di simpatia e determinazione. Certo, non tutto e non sempre è venuto perfetto, qualcosa si poteva pure evitare, qualche artista l’ha voluto la Nicoletta piuttosto che noi… Ma è stato bellissimo. Posso solo dirgli grazie per avermi voluto come amico”.
Dal nostro inviato Francesco Costantini