Repubblica.it - 09 Marzo 2002

ZUCCHERO: "IO ARTISTA? NO,SONO UN CONTADINO"

Per il bluesman tutto esaurito stasera ad Assago

L'aveva detto poco tempo fa, per la prima a Zurigo della sua nuova e fortunatissima tournée: «Voglio dare l'anima sul palco». Detto, fatto. Lo "Shake World Tour 2002", ultima fatica dal vivo dell'inossidabile Zucchero, in arrivo questa sera per la tappa milanese al FilaForum di Assago con un tutto esaurito da grandi occasioni, pare essere la migliore tournée di tutta la sua variegata carriera: due ore di spettacolo intense e tirate, una band forte e affiatata ad accompagnarlo e una scenografia in stile anni '70, con un paio di schermi giganti, un palco enorme e due pedane ad abbracciare la platea. E lui, il mitico Sugar, che questa volta dal vivo non si risparmia neanche un po': urla, canta, suda, corre al ritmo di vecchi e nuovi successi, soprattutto dal suo ultimo disco, Shake, già arrivato a più di un di un milione di copie vendute.

In questi giorni si parla tanto di crisi discografica. Eppure, il suo disco è già un bestseller, la tournée sta andando a gonfie vele e lei si definisce un contadino, un artista che lavora più di chiunque altro. Qual è il segreto di questo successo?
«Mi sono sempre definito un contadino proprio perché semino bene con grande cura e amore il mio seme, la mia pianticella. Ci metto almeno due anni per avere un raccolto che, grazie a Dio, è sempre buono. Non credo che ci sia un artista che lavora più di me in Italia. Gli altri tra un brano e l'altro si accendono una sigaretta, sorseggiano un drink. Io no: ci do sotto. Essere musicista non è solo divertimento, ma anche forza di volontà e grande disciplina: non a caso un grande artista o direttore d'orchestra può essere un grande manager, ma un grande manager non potrà mai essere un grande artista o un direttore d'orchestra».


Che rimedio c'è per salvare la musica?
«Un rimedio determinante è dire ai discografici di uscire con meno dischi, di non pubblicare album con un solo pezzo buono e tutto il resto come riempitivo».


A quali musicisti conviene allora credere?
«Ai giovani, non solo per la loro età ma perché hanno un vero talento. Anche se nessuno li educa o li sprona ad ascoltare i grandi padri che hanno fatto prima il blues e poi il rock: dai Beatles ai Rolling Stones, da John Lee Hooker e Muddy Waters».


Ha mai immaginato una band ideale composta dai suoi idoli?
«Certo, con Eric Clapton e Jimi Hendrix alle chitarre, Jaco Pastorius al basso, Jim Keltner alla batteria, Booker T all'hammond e Aretha Franklin con Patty LaBelle backing vocals».


Di recente lei ha affermato di essere d'accordo con la protesta di Nanni Moretti. Che cosa manca per far quadrare i conti in politica?
«Manca qualcuno che si incazzi veramente per la ridicola situazione attuale».

Che cosa avrebbe voglia di dire a quest'Italia in lite?

«Che ognuno ha quel che si merita».



MASSIMILIANO LEVA

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