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REPUBBLICA - Mercoledì 13 Febbraio 2002

Il debutto dello "Shake world tour 2002". Da oggi in Italia

"Io, manovale del rock voglio morire sul palco"

Lo show di Zucchero conquista Zurigo

"Non ho più discorsi da fare. Ho imparato la lezione, sono un Bignami della musica"
GIUSEPPE VIDETTI
inviata a Zurigo
"Voglio morire sul palco. Io sono un manovale. Non credo che ci sia un artista che lavora più di me in Italia. Gli altri tra un brano e l´altro si accendono una sigaretta, sorseggiano un drink. Io no, ci do sotto io. Anche stasera, potevo andare avanti per un´altra ora. Preferisco morire sul palco che al geriatrico. O durante un´erezione". Sudato, stravolto, Zucchero è ancora acceso dall´entusiasmo dei quindicimila che (lunedì sera) all´Hallenstadion di Zurigo hanno salutato il debutto dello Shake World Tour 2002, che oggi sbarca a Montichiari, in provincia di Brescia. Le altre date italiane: domani Torino, 16 Bologna, 17 Ancona, 19 Bari, 21 Palermo, 23 Acireale, 25 Perugia, 26 Pesaro, 27 Verona, 2 marzo Treviso, 3 Bolzano, 5 Genova, 6 Firenze, 9 Milano.Due ore di spettacolo, musicalmente il migliore di quelli prodotti da Zucchero, ma lui avrebbe dato di più. "Non ho più discorsi da fare tra una canzone e l´altra. Devo dare, dare e ancora dare. Sono un Bignami della musica" dice. Ora di quel prezioso libriccino in cui le nozioni della musica che ama ci sono tutte, anche se in forma concisa, lui è finalmente l´autore. Zucchero ha copiato? L´ha fatto, ma adesso ha imparato.


E da Shake, il disco più organico se non il più bello di tutta la sua produzione, ha maturato l´idea di uno show potente e dinamico, tutto vissuto sul fronte del palco (due enormi pedane stringono la platea in un abbraccio), senza più indulgere su certi luoghi comuni soul e rhythm´n´blues che in passato hanno fatto la sua fortuna. Tutto rock, rock e ancora rock, con belle chitarre, batteria versatile, organo hammond e armonica. Partorito da una band prodigiosa e da un frontman che ormai ha tanta maestria, che quando nel bis chiama Paul Young per una riedizione di Senza una donna, il cantante inglese sembra il più scellerato avventore di una sala di karaoke. Zucchero si butta nello spettacolo senza rete e aggredisce la platea con nove titoli dall´ultimo album uno dietro l´altro. Una scelta spericolata, ma vincente. Anzi travolgente, perché il pubblico si lascia andare a quelle sonorità ricche e compatte e s´infiamma per ogni canzone come se fosse uno standard. Dopo Sento le campane, Music in me e Porca l´oca, la prima pausa melodica arriva con Ali d´oro, il duetto virtuale con John Lee Hooker. Poi i colori si riaccendono con Baila (che per la prima volta ha portato Zucchero nella top ten spagnola).
Overdose d´amore, la prima delle canzoni del vecchio repertorio a far capolino nello spettacolo, sembra entrare a fatica nella scaletta. Anche se come tutti gli altri hit è stata riarrangiata dopo lunghi giorni di preproduzione alla Versiliana con John O´Brien, responsabile dei campionamenti di Shake. Il primo sassofono arriva all´undicesima canzone, inaudito per Zucchero. Poi torna su Dune mosse, che rimane uno dei suoi capolavori, insieme a Diamante, pure in programma, e Un piccolo aiuto, grande assente.Il finale è un fuoco d´artificio di classici ribattezzati: Con le mani ("Ve lo dico chiaro e tondo, mi ero rotto le palle di farla alla vecchia maniera"), Libidine, Diavolo in me, in cui Zucchero (e la corista Lisa Hunt) si cala nell´atmosfera di una chiesa battista e grida a squarciagola come un folle predicatore che pretende la risposta accorata e trepidante della congrega. Poi l´artista si accomoda sullo sgabello e intona una commossa versione di Tobia, scritta da Francesco De Gregori. Dietro le quinte ricorda quella volta che dopo tre canzoni dovette abbandonare l´Hallenstadion con il ventre che stava per esplodergli per colpa di un´abbuffata di birra e fonduta offerta dal principe Emanuele Filiberto, un suo fan. "Pubblico straordinario: non volò una mosca, capirono che stavo male e tornarono dopo venti giorni".

 


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